Negli anni ’90 l’implosione dei regimi comunisti dell’Est europeo suscitò nei think-tank americani un ampio dibattito sugli scenari futuri. La discussione risultò condizionata fondamentalmente da due tesi.
La prima faceva riferimento alla teoria di Francis Fukuyama sulla “fine della storia”. L’economista e politologo americano sosteneva che ormai il processo di sviluppo storico poteva considerarsi concluso ed era esitato nella società occidentale e nello Stato liberal-democratico. Ulteriori aggiustamenti sarebbero stati possibili solo nell’ambito di questo approdo finale. A questi tesi si opponeva quella di Samuel P. Huntington basata sul riscontro che rilevanti divisioni culturali ancora dividevano il mondo in civiltà diverse e per molti aspetti così configgenti da lasciare presagire uno scontro imminente.
La tesi di Fukuyama era stata esposta inizialmente in un saggio, The End of History1, pubblicato su The National Interest nell’estate 1989, qualche mese prima del crollo del muro di Berlino quando la situazione nei paesi dell’Est europeo era già in forte movimento ma l’esito non ancora del tutto prevedibile. Fukuyama elaborò ulteriormente e compiutamente le sue idee in un libro, The end of history and the last man, pubblicato nel 19922 e riproposto in Italia lo stesso anno3. La sua concezione di “fine della storia” era coerente con il nuovo scenario mondiale determinato dal crollo del comunismo reale e, probabilmente al di là delle intenzioni dello stesso autore, risultava funzionale al neo-conservatorismo americano allora imperante.
Tuttavia la teoria di Huntington prese decisamente il sopravvento dopo l’attentato alle torri gemelle del settembre 2011, quando sembrò l’interpretazione più aderente alla realtà o comunque quella più utile a gestire la nuova fase storica. Anche la tesi di Huntington era stata esposta in due momenti successivi, un saggio del 19934 ed un libro pubblicato nel 19965. Ben prima che con l’attentato alle torri gemelle esplodesse la guerra del terrore. Il libro viene tradotto in Italia nel 19976.
Di recente la tesi di Fukuyama è stata rivalutata anche alla luce di una globalizzazione che vede sempre più protagonisti Paesi, come la Cina, che hanno decisamente intrapreso la strada della modernità capitalistica e da cui si attendono sviluppi politici e sociali di tipo occidentale (pluralismo e riconoscimento dei diritti civili).
Tuttavia, la crisi mondiale in atto ha potuto mostrare tutta la fragilità del modello “finanziario” dell’economia capitalistica e del sistema politico liberal-democratico nella forma imposta alle democrazie occidentali dalla spinta conservatrice di Reagan e della Tatcher. Difficile pensare che da questa crisi non ne possa scaturire alcun mutamento sostanziale della società occidentale.
Anche rifiutando quella sorta di “millenarismo” laico che, più a torto che a ragione, viene attribuito a Fukuyama, occorre però constatare che la risposta più plausibile alla crisi attuale si trova ancora nel pensiero occidentale ed in particolare in quella tradizione democratica che valorizza la responsabilità, la partecipazione, l’attribuzione del potere decisionale ai cittadini. D’altronde nella stessa cultura americana è apparso subito ben chiaro che la civiltà occidentale si caratterizza per un dualismo tra liberalismo e democrazia che non è irriducibile ma certo sempre operante. Particolarmente incisiva la critica di Macey e Miller7 che già nel 1992 rimproveravano a Fukuyama l’impostazione straussiana che, interpretando la storia come progressiva affermazione del liberalismo, finisce per trascurare altre idealità: “Egli non sa riconoscere che ci sono diverse concezioni di liberalismo e di democrazia e che saranno queste differenze a determinare verosimilmente le battaglie ideologiche del futuro”. In particolare questi autori ritenevano che Fukuyama non riuscisse ad apprezzare la tensione tra liberalismo e democrazia e concludevano osservando che le democrazie potevano essere divise in “inclusive” ed “escludenti” sulla base della capacità o meno di rappresentare le esigenze anche immateriali dell’intera popolazione.
18 Febbraio 2013
1 Francis Fukuyama.The end of history. In: The national interest, 16: 3-18, 1989.
2 Francis Fukuyama. The end of history and the last man. Avon book, New York, 1992 (postato il 20 gennaio 2013).
3 Francis Fukuyama. La fine della storia e l’ultimo uomo. Milano, Rizzoli, 1992.
4 Samuel P. Huntington. The clash of civilizations? In “Foreign Affairs”, vol. 72, no. 3, 1993, pp. 22–49.
5 Samuel P. Huntington. The clash of civilizations and the remaking of world order. Simon & Schuster, New York, 1996.
6 Samuel P. Huntington. Lo scontro di civiltà ed il nuovo ordine mondiale. Milano, Garzanti, 1997.
7 Jonathan R. Macey, Geoffrey P. Miller. The end of history and the new world order: the triumph of capitalism and the competition between liberalism and democracy. Cornell international law journal, 25: 277-303, 1992.