Mattarella non ha ritenuto di spiegare le ragioni del rifiuto opposto alla nomina di Paolo Savona al Ministero del Tesoro limitandosi ad un generico richiamo ai poteri del Capo dello Stato. Senza voler ricorrere ad argomentazioni di diritto costituzionale, l’impressione è che Mattarella sia andato apparentemente oltre le sue prerogative. Infatti, la nomina di un ministro per prassi si può rifiutare se, come accaduto in passato, sussistono motivi importanti (incompatibilità, indegnità) che però non siano politici. Non era mai accaduto sinora che fossero messe in discussione le idee di politica economica di un futuro Ministro del Tesoro, per quanto importanti esse possano essere. Senza contare, poi, che il Ministro del Tesoro non è il solo a formare la politica economica del Governo.
Proprio la singolarità della vicenda porta a chiederci perché un uomo di tradizione moderata, da sempre molto prudente (anche se non per questo molle), abbia invece preso una decisione senza precedenti provocando scientemente una rottura istituzionale di vasta portata e dagli esiti veramente imprevedibili. Naturalmente c’è chi evoca complotti demo-pluto-giudaici. Pur ammettendo che tutti i Paesi cerchino costantemente di influire per proprio vantaggio sulla politica degli altri, appare improbabile che Mattarella abbia subito un ricatto cui non ha potuto sottrarsi. In particolare da parte dell’Europa, la cui governance è talmente debole, frammentata ed incerta da rendere poco plausibile una linea unitaria di qualsiasi tipo, anche di natura ricattatoria. Piuttosto ritengo che Mattarella abbia avuto la prova (e non il semplice sentore) che la neo-maggioranza si apprestasse veramente a mettere in atto una politica finalizzata ad uscire dall’euro senza che questa proposta sia mai stata discussa in maniera trasparente nel corso della campagna elettorale e senza che essa sia stata esplicitamente inclusa nell’accordo di governo stipulato. Insomma Di Maio e Salvini sarebbero colpevoli, agli occhi di Mattarella, di “alto tradimento” nei confronti degli elettori. Bene ha fatto allora il Presidente a stoppare il governo grillo-leghista: le considerazioni di merito non possono che prevalere su quelle di metodo. Ma in tal caso penso che sia nell’interesse del Paese conoscere i motivi reali della condotta del Presidente e le prove attraverso le quali si è formato il suo convincimento. Anche perché su questo si dovrebbe giocare la prossima imminente campagna elettorale.
Qualche indizio è già disponibile, a partire dall’idea balzana di non pagare il debito pubblico di 250 miliardi di euro di titoli di Stato detenuti dalla Banca Centrale Europea. Idea non espressa in campagna elettorale, tirata fuori dopo le elezioni, presente in una delle bozze del patto di governo1 ed infine richiusa nel cassetto al momento di stipulare l’accordo definitivo. Alcuni hanno anche pensato che la proposta potesse servire ad ottenere un rifiuto della BCE che consentisse di sostenere l’opposizione dell’Europa al governo del cambiamento2. Tuttavia, visto che l’idea era stato scritta nero su bianco in una delle bozze di accordo, è più probabile che qualcuno della neo-maggioranza pensi davvero di non pagare il debito per finanziare le roboanti e costosissime proposte di politica economica, dalla flat tax a reddito di cittadinanza e all’abolizione della Fornero. E’ chiaro che rifiutarsi di pagare una quota rilevante di debito pubblico comporterebbe l’uscita immediata del Paese dalla moneta unica e anche dalla Unione Europea.
Il motore di tutto è stata la Lega di Salvini che, non a caso, è il partito con i più solidi collegamenti estranei all’Europa, quelli con Putin. Il M5S si è accodato, un po’ per la necessità di ottenere la guida sia pure indiretta del Governo e molto perché la incerta identità culturale (né di destra, né di sinistra) lo rende particolarmente vulnerabile.
Mattarella si è trovato a dover rifiutare un progetto, quello dell’uscita dall’euro, mai discusso esplicitamente e mai proposto chiaramente agli elettori. E lo ha fatto assumendosi una grave responsabilità in nome del rispetto dei cittadini e per conto dell’interesse generale del Paese. Ieri questo è successo.
CDL, Tivoli, 28 Maggio 2018
1. Lucia Annunziata, Gianni Del Vecchio, Alessandro De Angelis, Carlo Renda, Claudio Paudice. Un Comitato di Conciliazione (parallelo al Consiglio dei Ministri). Huffingtonpost, 15 Maggio 2018.
2. Luca Ciarrocca. Governo, cancellare 250 miliardi di debito pubblico? Una proposta così è irricevibile. Il Fatto Quotidiano, 16 maggio 2018.