Ad integrazione della Lettura sul Socialismo, pubblicata in altra parte del sito, è sembrato utile riportare i contributi di due intellettuali francesi del nostro tempo che, a partire da punti di vista molto diversi, dibattono l’attuale crisi del socialismo europeo. Il primo, Jacques Julliard, è una delle voci critiche della sinistra europea. Egli discute la crisi del socialismo analizzando diversi fattori: l’approccio divenuto interclassista; la fallacia della idea che dal progresso intellettuale si generi quello tecnico e da questo quello materiale ed infine quello morale; il prevalere di una borghesia non più illuminata; la sostituzione dei diritti sociali con quelli civili nella cultura della sinistra; l’inadeguatezza dell’attuale sistema rappresentativo di fronte alla sfida di democrazia diretta che viene dalla diffusione della rete; l’uso strumentale dei media; il ruolo ormai ancillare degli intellettuali. Un aspetto sul quale Julliard si sofferma è l’emergere della questione dell’immigrazione. Infatti, le nuove povertà, in particolare quelle legate all’immigrazione, hanno modificato profondamente i riferimenti tradizionali della sinistra. La scarsità di risorse disponibili per una politica sociale rischia di porre in collisione il mondo dei diseredati esterni, gli immigrati, con quello dei ceti meno abbienti del paese ospite. Che poi finiscono per chiedere rappresentatività ai vari populismi di destra. Una sintesi del pensiero di Julliard è riportato in: Democrazia Pura, Quale sinistra? Operai vs immigrati, giustizia sociale vs assistenza, 1 Dicembre 2014. Sulla crisi del socialismo europeo, un’altra analisi innovativa viene da Alain de Benoist, un’intellettuale atipico il cui percorso culturale e politico muove da posizioni di destra ma si sviluppa attraverso itinerari originali che lo rendono difficilmente collocabile. Le sue osservazioni, riportate in un saggio che recensisce Le complexe d’Orphee di Jean-Claude Michéa, sono state riproposte di recente da Critica Sociale (Alain De Benoist. Socialismo, né sinistra né destra. Critica Sociale, 11-12: 4-7, 2013). In particolare De Benoist sottolinea la sudditanza culturale al liberalismo progressista cui ha finito per sottomettersi il socialismo europeo (per la verità la stessa critica è rivolta anche alla destra). Queste le sue parole: “In effetti, il movimento socialista è veramente degenerato dal momento in cui è divenuto «progressista», ossia a partire dal momento in cui ha aderito alla teoria (o alla religione) del progresso – cioè alla metafisica dell’illimitato – che costituisce il cuore della filosofia dei Lumi, e dunque della filosofia liberale … I «valori» della sinistra non sono più valori socialisti, ma valori «progressisti»: immigrazionismo, apertura o soppressione delle frontiere, difesa del matrimonio omosessuale, depenalizzazione di certe droghe, ecc., tutte opzioni con le quali la classe operaia è in completo disaccordo o di cui si disinteressa totalmente”. Un ritorno alle origini. Questo sembra scaturire dalle osservazioni di De Benoist (e di Michéa). Ma veramente il socialismo europeo può compiere questo passo?
Tivoli, 2 Gennaio 2015