Quale sinistra? Operai vs immigrati, giustizia sociale vs assistenza.

 

 

Le nuove povertà, in particolare quelle legate all’immigrazione, hanno modificato profondamente i riferimenti tradizionali della sinistra. La scarsità di risorse disponibili per una politica sociale rischia di porre in collisione il mondo dei diseredati esterni, gli immigrati, con quello dei ceti meno abbienti del paese ospite. Che poi finiscono per chiedere rappresentatività ai vari populismi di destra.

* * * * *

«Marx ha avuto il colpo di genio di fare della classe sofferente una classe eletta redentrice dell’umanità. Davanti al posto sempre più grande assunto dagli immigrati nell’immaginario della sofferenza sociale, il proletariato si è trovato in qualche modo declassato, imborghesito. Fine dunque del proletariato e ritorno del povero classico! La classe dominante si giova grandemente di questo cambiamento. A differenza del proletariato, l’immigrato non rimette in causa il suo dominio. Fine dell’idea rivoluzionaria di giustizia, ritorno dell’idea conservatrice di assistenza». Questo sostiene Jacques Julliard nella recente intervista concessa a Benedetta Craveri e che è stata pubblicata sul Venerdì di Repubblica del 7 Novembre scorso1.

01 Jacques Julliard
Jacques Julliard

In effetti laddove, come in America Latina, non esiste il problema dell’immigrazione (se non rovesciato in termini di emigrazione) l’idea socialista è ancora viva sia nella versione riformista che in quella radicale. In Europa invece il peso crescente assunto dai migranti, con tutte le conseguenze sociali e politiche, ha creato una divaricazione politica tra partiti socialdemocratici e classe lavoratrice. Esemplare a questo proposito un passaggio di un film francese del 1992, “La crisi”2, di Coline Serreau, nel quale un deputato socialista si rivolgeva scandalizzato ad un poveraccio che si definiva profondamente razzista e che asseriva di odiare gli arabi. Solo che il deputato socialista viveva isolato al’interno di una splendida villa posta in collina mentre il razzista convinto abitava in una banlieu ed aveva pure sposato un’egiziana.

La crisi del socialismo europeo è complessa e rimane legata in particolare all’esaurirsi di un approccio sociale di fronte al problema di una spesa pubblica divenuta eccessiva e, in qualche caso come l’Italia, insostenibile. Rimane il fatto che l’immigrazione costituisce una delle sfide principali che si trovano ad affrontare il socialismo europeo e la sinistra più in generale (si pensi  alla proposta di Obama di regolarizzare cinque milioni di immigrati). Una sfida difficile perché la scarsità di risorse rischia di porre in collisione il mondo dei diseredati esterni, gli immigrati, con quello dei ceti meno abbienti del paese ospite. Che poi finiscono per chiedere rappresentatività ai vari populismi di destra.

Quella sull’immigrazione è comunque solo una delle tante provocazioni contenute nell’intervista dello studioso francese. Che invita a riflettere su molti argomenti: l’approccio interclassista della sinistra; la fallacia della idea che dal progresso intellettuale si generi quello tecnico e da questo quello materiale ed infine quello morale; il prevalere di una borghesia non più illuminata; la sostituzione dei diritti sociali con quelli civili nella cultura della sinistra; l’inadeguatezza dell’attuale sistema rappresentativo di fronte alla sfida di democrazia diretta che viene dalla diffusione della rete; l’uso strumentale dei media; il ruolo ormai ancillare degli intellettuali. Queste le sue amare conclusioni: «Assistiamo oggi un po’ ovunque, nel mondo industrializzato, alla fine di un patto storico stretto tra il popolo e la borghesia illuminata e degli intellettuali. Perché? Perché il popolo, nella sua vecchia accezione, constata che il progresso non gioca più a suo favore a causa della concorrenza dei Paesi emergenti e si rivolge ai partiti populisti che almeno permettono loro di conservare le cose acquisite e di lottare contro la minaccia esterna. In Francia e in Italia la sinistra e l’estrema sinistra sono costituite da borghesi trasformati in professionisti della politica, incapaci di mescolarsi con gli ambienti popolari. La sinistra non riannoderà il suo legame con il popolo fino a quando la sua classe politica non si dissolverà da sola. Non sarà facile e il Fronte Nazionale ha ancora dei bei giorni davanti a sè».

 

1. Jacques Julliard, Intervista a Benedetta Craveri. Il futuro della sinistra? Sciogliersi e ricominciare daccapo. Il Venerdì di La Repubblica, pp 114-115, 7 Novembre 2014.

2. Coline Serreau, La Crisi, 1992.

 

CDL, Tivoli, 1 Dicembre 2014