L’indagine dell’OCSE “Come va la vita?”, pubblicata nel Novembre 2013, è basata su una valutazione del benessere articolata in 11 dimensioni, alcune della quali esplorano l’ambito economico mentre altre si riferiscono ad ulteriori aspetti della vita delle persone. Il report evidenzia che l’Italia usufruisce ancora di una rendita di posizione ottenuta nel lungo periodo. Tuttavia la crisi economica mondiale ha avuto sul nostro Paese, rispetto alle altre Nazioni occidentali, un impatto negativo maggiore sul reddito e sull’occupazione. In Italia, inoltre, si è registrato sia un incremento della povertà (assoluta e relativa) che della disuguaglianza nella distribuzione del reddito.
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Introduzione
Nell’anno 2013 l’OCSE (OECD) ha concluso uno studio progettato per definire e misurare lo stato di benessere individuale nelle economie sviluppate1. A questo scopo sono state individuate due aree fondamentali: qualità della vita e condizioni materiali. Ciascuna di esse è articolata in diverse dimensioni che derivano dall’aggregazione di indicatori vari (Figura 1).
Lo stato attuale
Lo studio non produce una misura sintetica complessiva del benessere rilevato che quindi deve essere analizzato in maniera disaggregata. Per ciascun Paese i criteri di valutazione diventano quindi il confronto rispetto alla media OCSE o la collocazione all’interno di una graduatoria (ranking). La graduatoria è suddivisa in tre fasce: 20% di risultati migliori; 60% di risultati intermedi; 20% di risultati peggiori. La collocazione dell’Italia è riportata nella Figura 22.
Rispetto alla media OCSE, l’Italia si colloca al di sopra in tre dimensioni (equilibrio vita-lavoro, reddito e ricchezza e stato di salute) mentre si attesta al di sotto nelle altre otto. Si consideri che all’OCSE aderiscono 34 Paesi che hanno in comune un sistema di governo democratico ed una economia di mercato. Una componente numericamente importante è costituita da Paesi che solo di recente o solo in parte hanno acquisito le due caratteristiche di base (Cile, Slovacchia, Repubblica Ceca, Slovenia, Turchia, Messico, Polonia, Ungheria, Estonia). Queste Nazioni sono partite da economie arretrate e quindi, anche se hanno registrato uno sviluppo importante, allo stato attuale tendono ad abbassare la media degli indicatori economici. Forse quindi il parametro di riferimento più corretto è rappresentato dalla collocazione di ciascun Paese all’interno di una delle tre fasce. Dalla Figura 2 si osserva che l’Italia in nessuna delle dimensioni considerate si colloca nel 20% migliore. Si attesta invece a cavallo della fascia peggiore con quella intermedia in quattro dimensioni (benessere soggettivo, istruzione e competenza, relazioni sociali, qualità ambientale) per attestarsi pienamente nella fascia intermedia nelle altre sette dimensioni. Complessivamente dunque l’Italia si colloca nella fascia intermedia dei Paesi OCSE (Figura 3).
Le variazioni di lungo periodo
Dei molti i dati pubblicati dall’OCSE si è scelto di riportarne alcuni ritenuti più rappresentativi di quanto accaduto in Italia. Nel lungo periodo l’immagine dell’Italia presenta diversi chiaroscuri. Si consideri il reddito familiare disponibile pro-capite costituito dalla quantità di denaro a disposizione di una famiglia per le spese in beni e servizi. Comprende i redditi da salario e da capitale, pensioni e indennità di disoccupazione, trasferimenti sociali (beni e servizi nell’ambito dell’istruzione e della sanità, ecc.) Si osservi la Figura 4. L’Italia nel 1995 aveva un valore ben inferiore a quello degli Stati Uniti ma paragonabile a quello dei principali Paesi Europei. Nel 2011 il reddito familiare risulta sostanzialmente invariato in Italia mentre registra un significativo aumento in molti Paesi tra i quali Germania, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti. Di conseguenza mentre nel 1995 l’Italia si attestava al di sopra della media, nel 2011 si trova al di sotto. Sulla disuguaglianza nella distribuzione del reddito in Italia e nel mondo si vedano altri due contributi pubblicati in altra parte del sito: “Disuguaglianza di reddito in Italia. I documenti dell’OECD.” e “L’Economist sulla ineguaglianza nella distribuzione del reddito “. Meglio è andata in termini di ricchezza familiare pro-capite che è il valore finanziario di una famiglia e che tiene conto anche del risparmio, titoli, prestiti (Figura 5). Da questo punto di vista l’Italia si colloca al di sopra della media OCSE su un valore che nel 2011 è superiore a quello del 1995.
Per quanto riguarda l’occupazione (Figura 6), essa risulta aumentata in Italia dal 1995 al 2011 sebbene in ambedue i periodi si colloca ad uno dei livelli più bassi dell’OCSE. Sull’occupazione occorre specificare che l’indicatore non tiene conto del lavoro stabile o precario. Altrettanto sorprendente è la disoccupazione di lungo termine (1 anno e più). Dalla Figura 7 si osserva che il nostro Paese nel 2011 registra una delle percentuali più alte. Sorprende comunque che essa risulta in diminuzione rispetto al 1995. Ma anche in questo caso il dato va interpretato tenendo presente che l’indicatore OCSE non distingue tra occupazione stabile e precaria.
In termini di guadagno medio annuale degli impiegati a tempo pieno l’Italia si attesta su un valore poco inferiore rispetto alla media OCSE ma ben al di sotto degli USA e degli altri Paesi dell’Europa occidentale (Figura 8).
Per quanto riguarda l’aspettativa di vita, l’Italia migliora il dato del 1995 e si colloca ad uno dei livelli più elevati (Figura 9) sebbene registri un stato soggettivo dello stato di salute tra i più bassi (dati non mostrati).
La percentuale di persone che lavorano 50 o più ore a settimana è in Italia una delle più basse (Figura 10).
La proporzione di individui con una istruzione secondaria superiore, sebbene significativamente migliorata dal 1997 al 2010, rimane comunque una delle più basse (Figura 11). Dal punto di vista delle capacità cognitive degli studenti di 15 anni il nostro Paese registra uno dei livelli più bassi (Figura 12). In Italia inoltre si rileva il più basso livello di competenza della popolazione adulta (Figura 13).
Medio, sebbene superiore rispetto ai principali Paesi, il risultato dell’Italia sotto il profilo dell’inquinamento atmosferico (Figura 14).
L’impatto della crisi finanziaria globale
Le variazioni viste nel paragrafo precedente si riferiscono ad un intervallo di tempo molto ampio. Ma l’OCSE ha ritenuto di valutare anche l’impatto dell’attuale crisi mondiale nel più breve intervallo che parte dall’anno 2007 ed arriva all’ultimo dato disponibile. Da questo punto di vista il report dell’OCSE mostra che la famiglia media italiana è stata severamente colpita dalla crisi con un impatto particolarmente rilevante sul reddito delle famiglie, lavoro, soddisfazione di vita e di impegno civile.
Dal 2007 al 2011 l’Italia ha registrato un decremento cumulativo del reddito reale a disposizione delle famiglie pari a circa il 7%, una delle flessioni maggiori registrate nell’ambito dei Paesi OCSE. In termini di reddito di mercato (al lordo di imposte e trasferimenti), la disparità è aumentata del 2% nel periodo 2007-2010, ben al di sopra della media OCSE che è pari al 1,2%.
Il maggiore impatto della crisi sul benessere delle persone è scaturito dalla più bassa occupazione e dal deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro. Tra il 2007 e il 2012, il tasso di occupazione è diminuito di oltre l’1% in Italia, mentre il tasso di disoccupazione a lungo termine è aumentato di quasi il 3%.
Uno dei dati più rappresentativi è naturalmente quello sulla povertà. Si parla di povertà relativa quando il reddito familiare si colloca al di sotto del reddito mediano nazionale (Figura 15). Dal 2007 al 2010 si è verificato un forte incremento in Turchia e in Spagna mentre importanti riduzioni si registrano in Estonia e Portogallo. Gli altri Paesi OCSE si mantengono abbastanza stabili. Diverso il discorso sulla povertà assoluta se questa viene misurata rispetto ad una soglia considerata minima (la metà del valore mediano del 2005 rivalutato per gli anni successivi). In questo caso si rileva un incremento della povertà nell’area OCSE che raggiunge i valori massimi in Irlanda, Spagna e Grecia. L’Italia presenta un aumento sia della povertà assoluta che di quella relativa.
Anche dal punto di vista della disuguaglianza nella distribuzione del reddito l’Italia registra un incremento (Figura 16) in ambedue le misure considerate: reddito disponibile (reddito totale meno imposte) e reddito di mercato (reddito totale prima del pagamento delle imposte).
Conclusioni
L’Italia usufruisce ancora di una rendita di posizione ottenuta nel lungo periodo. In riferimento alla recente crisi economica mondiale il nostro Paese ha sofferto di più rispetto alle altre nazioni occidentali avendo dovuto registrare una maggiore flessione nel reddito ed un più elevato incremento della disoccupazione. Per effetto della crisi in Italia si è verificato un aumento della povertà (assoluta e relativa) e una maggiore disuguaglianza nella distribuzione del reddito. A questo si aggiunga che i Paesi occidentali che nel corso della crisi hanno perseguito una politica espansiva (è il caso degli Stati Uniti e del Giappone) vedono già una ripresa in atto. Al contrario i Paesi europei che si sono impegnati in politiche di austerità si trovano ancora pienamente immersi in una crisi piena3.
Bibliografia
1. OECD (2013). How’s life? Measuring well-being (aggiornato).
2. OECD (2013). How’s Life? 2013. Measuring well-being. Country Snapshot Italy.
3. Federico Rampini (2013). Dagli USA alla Corea del Sud il club dei Paesi che corrono. Ecco dove l’economia è ripartita. La Repubblica, 4 Novembre 2013.
CDL, 1 Dicembre 2013