Mazzini: quale idea di libertà?
In questa sede si è ritenuto di analizzare il pensiero di Mazzini limitatamente alla sua idea di libertà e alla sua collocazione nell’ambito del Repubblicanesimo. Nella sottosezione “Storici contemporanei e repubblicanesimo moderno” si è visto che l’idea repubblicana di libertà comprende almeno due orientamenti. Secondo Pocock questa idea risale alla Polis aristotelica nella quale l’uomo è zoon politikon, animale politico nel quale è connaturata l’esigenza di operare per il bene comune. Come tutte le concezioni nelle quali prevale l’autodeterminazione, questa idea può essere considerata di tipo comunitario ed assume la forma positiva in quanto caratterizzata dalla libertà di scelta (la “libertà di” definita da Isaiah Berlin). Pettit e Skinner, gli altri teorici del neo-repubblicanesimo, sottolineano invece nell’idea repubblicana il carattere di non dipendenza che risale alla Res pubblica romana andando così oltre il concetto liberale di non interferenza da assumere individualità propria. Questa concezione della libertà è detta negativa in quanto si caratterizza per l’assenza di forme di dominio (la “libertà da” di Berlin). Tutti gli autori concordano sugli sviluppi successivi dell’idea repubblicana di libertà: la virtù nella rielaborazione di Machiavelli e nell’uso che ne fa James Harrington, la teorizzazione che sta alla base della rivoluzione americana.
Gli autori anglosassoni hanno ritenuto di fermare la loro analisi alla rivoluzione americana, trascurando l’Ottocento e le vicende europee dalla rivoluzione francese in poi. Tra gli storici contemporanei solo Maurizio Viroli ha allargato l’orizzonte del repubblicanesimo sino a comprenderne le varianti italiane di Mazzini e Cattaneo.
Su Mazzini manca ancora uno studio sistematico finalizzato ad analizzare la sua idea di libertà alla luce dei criteri proposti per identificare il repubblicanesimo. In linea generale, egli sembra andare oltre la classica distinzione tra forma positiva e negativa o meglio sembra utilizzare ambedue i concetti. Tra i numerosi scritti, i “Doveri dell’uomo” sono il testo che forse meglio si presta ad inquadrare il pensiero mazziniano nel contesto proposto dagli autori anglosassoni prima citati. Infatti a fronte di un liberalismo che esaspera i diritti, il repubblicanesimo ha nel proprio DNA la valorizzazione del dovere intrinseco al concetto di virtù civica (sul rapporto diritto-dovere nel repubblicanesimo si veda: Luca Baccelli. Repubblicanesimo, neorepubblicanesimo, In: Il senso della repubblica. Frontiere del repubblicanesimo. Franco Angeli, Milano, 2007, pp. 20-26).
Quando Mazzini pubblica i “Doveri dell’uomo”, a Londra, nel 1860, si trova nella condizione di dover precisare il suo pensiero sia rispetto al liberalismo sul quale si sta modellando l’unità d’Italia sia rispetto al socialismo scientifico che sta facendo proseliti tra gli operai, ai quali, non a caso, è rivolto espressamente il testo.
Mazzini scrive: “Svilupparvi , agire, vivere secondo la vostra legge, è il primo, anzi l’unico vostro Dovere”. In queste parole è riconoscibile quella concezione di dovere come imperativo categorico morale già contenuto nella virtù di Machiavelli e che discende più dalla Polis greca che dalla Res publica romana. Da questo punto di vista Mazzini sembra collocarsi più sul versante della forma positiva di libertà come la intende Pocock. L’aggettivo “vostra” affida agli uomini la responsabilità della legge che perde così l’aura di entità nosologica superiore. Subito dopo Mazzini precisava: “Non basta limitarsi a non operare contro la Legge; bisogna operare a seconda della Legge. Non basta il non nuocere: bisogna giovare ai vostri fratelli. Pur troppo finora la morale s’è presentata ai più fra gli uomini in una forma più negativa che affermativa. Gl’interpreti della Legge hanno detto: non ruberai, non ammazzerai ; pochi , o nessuno, hanno insegnato gli obblighi che spettano all’uomo, e il come egli debba giovare ai suoi simili e al disegno di Dio nella creazione”. In queste parole si esprime tutta la religiosità di Mazzini che è cristiana perché si nutre dell’amore verso il prossimo ma non cattolica in quanto (in altri passi) rifugge dagli insegnamenti della Chiesa e non fa riferimento alcuno alla vita ultraterrena. Invece Mazzini cita Dante per definire un amore che non è carità ma un’empatia verso gli altri che non è affidata alla buona volontà ma ad un’organizzazione sociale che assicuri la dignità di tutti gli uomini ed il progresso non solo dell’individuo ma dell’intera umanità. Anche questa concezione va nel senso di quel concetto aristotelico di uomo come essere politico che tende a costruire il bene comune e che, secondo Pocock, attribuisce forma positiva alla libertà repubblicana.
Ma Mazzini utilizza espressamente e ripetutamente anche lo strumentario dell’idea negativa di libertà come la intendono Pettit e Skinner. Continuo è il richiamo alla necessità di sottrarsi all’arbitrio dei “padroni”, il termine più spesso usato per rappresentare figurativamente l’oppressione. Pure ricorrente è l’utilizzo del termine romano di “dominio”. A proposito della libertà Mazzini non si sofferma nemmeno sulla concezione liberale di non interferenza mentre si preoccupa di ribadire e definire persino in dettaglio l’esigenza primordiale di liberarsi da ogni forma di dipendenza. Esplicito il richiamo alla schiavitù dei neri d’America così come alle nuove servitù determinate dalle condizioni sociali: “Oggi, la miseria, gli errori inveterati da secoli, e la volontà dei vostri padroni, vi contrastano fin la possibilità d’educarlo (l’intelletto, nda) e per questo v’è necessario rovesciare quegli ostacoli colla forza”.
In conclusione Mazzini utilizza in via preliminare la concezione positiva della libertà nell’aspetto di quel dovere civile finalizzato al bene comune che evoca l’essere politico della Polis aristotelica e l’uomo virtuoso di Machiavelli. Lo fa per dimostrare la necessità che la comunità si costituisca e si riconosca come tale sulla base di valori condivisi comunque riferiti, religiosamente, all’amore verso gli altri. In un momento successivo Mazzini utilizza la concezione negativa di libertà per identificare le regole che possano assicurare a ciascun membro della comunità l’emancipazione da ogni forma di dipendenza sia morale che sociale. Ed è questa filosofia di Mazzini che spiega la scala di priorità della sua azione politica: l’unità della patria, l’indipendenza della nazione, il progresso sociale del popolo.
Giuseppe Mazzini. Doveri dell’Uomo. Londra, 1860.
CDL, Tivoli, 25 Gennaio 2013