Gli organismi internazionali sono stati da tempo esautorati ed hanno smesso di esercitare la funzione di camera di compensazione dei conflitti1.
Le Nazioni Unite, di cui si cercava un consenso magari anche solo parziale quando si voleva intraprendere un’azione internazionale, ormai non vengono nemmeno più consultate. In occasione della seconda guerra del Golfo, gli Stati Uniti ritennero di dover interpretare forzosamente una risoluzione ONU per giustificare la guerra. Ma oggi nessuno si preoccupa più di intessere relazioni internazionali misurate mentre è divenuto imperante un sovranismo che ha assunto i caratteri del neo-populismo all’interno delle democrazie liberali e dell’autocrazia in molti Paesi, dalla Russia all’Iran, dalla Turchia all’Egitto. Per non parlare della Cina e del regime di democrazia illiberale che emerge nel cuore dell’Europa (Polonia, Ungheria) e lambisce gli Stati Uniti di Trump. Così le Nazioni Unite hanno perso la funzione di garante dell’ordine internazionale. Gli Stati Uniti e la Russia, per intervenire contro l’ISIS, hanno ritenuto che la richiesta dei governi iracheno e siriano bastasse ampiamente. L’Iran, l’Egitto, l’Arabia Saudita ed il Quatar neanche quello. Sono intervenuti e basta.
L’Unione Europea è ridotta ad un simulacro impotente e nessuno pensa più nemmeno di coinvolgerla. Si vedrà che incidenza avrà ora che ha deciso di intervenire in Libia. Ma i giochi sembrano ormai fatti e la sua impotenza ancora una volta acclarata. Persino la NATO ha cessato la sua funzione di raccordo o, se si preferisce, di trasmissione delle decisioni della potenza dominante, gli Stati Uniti. L’eliminazione di Soleimani è stata decisa solo dagli USA. Così ha specificato il comando generale della NATO.
Ma proprio mentre si riaffermano gli Stati-Nazione ed emergono con una forza maggiore che in passato le potenze autarchiche, proprio mentre si ribadiscono così i confini e le separazioni, ecco che emerge un altro fattore che rischia di scompaginare e perciò di esasperare lo scenario del nazionalismo imperante. Questo fattore è costituito dalle migrazioni non controllabili che non possono non entrare in rotta di collisione con una politica di rafforzamento dei confini nazionali.
Il futuro è lo spazio e non è il tempo, sostiene l’influente politologo bulgaro Ivan Krastev2: “Se sei polacco e vuoi vivere come i tedeschi, anziché impegnarti a cambiare il Paese, vai a vivere in Germania. Per realizzare l’utopia e appagare i desideri ti metti in viaggio, non combatti… Migrazione è la rivoluzione del ventunesimo secolo. Ed è una rivoluzione individuale, per cui non c’è bisogno di un’ideologia. Aggiungiamo l’aspetto delle tecnologie. Qualche decennio fa, da un sondaggio risultava che i nigeriani si considerassero felici quanto i tedeschi. Oggi non più… Perché hanno avuto la tv e spesso Internet e quindi la possibilità di vedere come vivono gli europei. E così è cambiata l’idea di felicità che avevano”. La grande imitazione del modello di vita dell’Occidente, delle sue istituzioni, dei suoi desideri, delle sue ambizioni. Questo è il motore della Storia oggi. E produce migrazioni, a meno che queste non siano impedite dallo sviluppo interno e dall’autoritarismo dello Stato (come in Cina).
Dunque la Storia conserva ancora una capacità propulsiva interna. Che l’approdo finale fosse il capitalismo ed il suo corredo istituzionale della democrazia liberale, come sosteneva Fukuyama, fu una convinzione diffusa nel periodo susseguente al crollo del muro di Berlino del 1989. Persino e forse soprattutto tra l’intellighenzia comunista, già devota ad una concezione teleologia della Storia. Solo che l’esito finale non era stato il comunismo ma il capitalismo democratico. Successivamente, soprattutto con l’emergere della teoria dello scontro di civiltà di Huntington3, molti hanno ritenuto di criticare l’idea della fine della Storia. Ma forse oggi, riaffermando in qualche modo Fukuyama, si può dire che la Storia non si è compiuta con la realizzazione di un modello occidentale, capitalista e liberaldemocratico ma ha esitato nella sua gigantesca imitazione. Con tutto quel che ne consegue. Migrazioni comprese.
CDL, 19 gennaio 2020
- Alcune delle considerazioni svolte sono tratte dalla riflessione di Marco Damilano in: Il crepuscolo e la luce, L’Espresso 3: 10-13, 2020.
- Ivan Krastev, colloquio con Wlodek Goldkorn. Benvenuti nell’era della imitazione. L’Espresso, 3: 69-73, 2020.
- Sulla controversia tra le teorie di Fukuyama ed Huntington si veda la sintesi in: CDL, Scontro di civiltà o Fine della storia?, Democrazia Pura, 18 febbraio 2013.