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Stefano Benni
Robinson, Repubblica, n. 145, 16 settembre 2019, pp. 10-11.
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L’editore guardava le classifiche dei libri più venduti sul giornale, e fumava. Quasi non si accorse dell’ometto che era entrato con discrezione e sedeva davanti a lui. Insieme all’ometto c’era un cane bruttarello, con ispido pelo grigio e un occhio semichiuso.
– Buongiorno – disse l’editore – lei aveva un appuntamento?
– Sì, sono il signor Aupick e lui è Bau. Bau Delaire.
– Ah, buffo nome per un cane. È dì razza?
– No è un meticcio qualsiasi. L’ho preso al canile, tre anni fa.
– Bene signor Aupick è da tanto che lei insiste per un incontro, noi normalmente preferiamo trattare le cose per mail, ma lei è amico del critico Pagella che ci ha telefonato. Come fa a conoscerlo?
– Beh diciamo che il cane di Pagella è amico di Bau.
– Ah, molto buffo – rise l’editore – allora mi dica qual è la sua richiesta.
– Ecco noi abbiamo scritto… un po’ di pagine che ci piacerebbe sottoporvi, per un’eventuale pubblicazione.
– Capisco. Ma perché dice “noi”?
– Per la verità – disse l’ometto un po’ imbarazzato, guardando Bau con uno sguardo d’intesa – non le ho scritte io, le ha scritte lui.
– Lui chi?
– Lui il mio cane. Lo so è strano ma se vuole le racconto tutto.
– Mi sta prendendo in giro?
– No no, ne ho parlato anche con il critico Pagella.
– Va bene, ma sia breve – sbuffò l’editore.
– Beh da quando è entrato in casa mia Bau ha mostrato una certa propensione per i libri. Li prendeva dagli scaffali, li posava a terra. Pensavo fosse un gioco. Invece notai… le giuro, in un primo tempo sembrò incredibile anche a me… che li leggeva.
– Beh questa poi.
– Proprio così… stava ore e ore sul libro aperto e con una zampa girava le pagine. E se qualcuno gli portava via il volume, ringhiava. Si dimenticava persino di mangiare.
– Mi sembra folle… lei scrive racconti fantastici?
– No no, è tutto vero. Ma il bello deve ancora venire. Beh dopo po’di tempo ho notato che Bau Delaire rubava dei fogli bianchi dalla stampante. Poi… ecco, intingeva le zampe in qualcosa di scuro, tipo caffè o inchiostro e lasciava delle impronte… il pavimento era pieno di queste strane composizioni…
– Giocava.
– No. Perché mi misi a osservarlo, e notai che premeva le zampe e usava la coda con metodo, non a caso. Mi ci volle un po’ ma poi capii che i segni che lasciava sui fogli erano un alfabeto. Due orme anteriori orizzontali, una A. Due orme verticali una B, una orma e uno sbaffo di coda una C. Un’orma posteriore una D. Tre orme una E. Un’orma e l’impronta del naso una F. Insomma… decifrai quell’alfabeto e capii che il cane… scriveva
– Non posso crederci, mi dia una prova…
– Scusi lei come si chiama?
– Luca – rispose perplesso l’editore.
– Ecco. Mi passi della carta e un po’ di inchiostro del suo timbro.Bau, scrivi il nome del signore.
Il cane scodinzolò e si mise a lasciare le impronte sul foglio, ci poggiò il naso, fece un passetto doppio con la zampa posteriore e poi uggiolò contento.
– Ecco controlli pure, qui c’è un notes dove ho raccolto il suo alfabeto. Guardi, la elle, la u, la ci e la a.
– E quell’orma a lato?
– Quella è la firma.
L’editore quasi svenne. Poi si riprese di colpo e esclamò:
– Ma questo è formidabile! Come editore sono sempre alla ricerca di qualcosa di speciale ma stavolta abbiamo tra le mani l’affare del secolo. Una vera occasione di marketing. Bau Delaire, l’unico cane scrittore al mondo. Tutti i giornali ne parleranno. Foto, interviste, social. I cani fanno simpatia. Vinceremo tutti i premi letterari. Un lancio da trecentomila copie. Faremo un’edizione con Bau tradotto in lettere di stampa, ma anche una con zampate originali, con copertina di pelo. Poi libro dell’alfabeto di Bau. Manuale “scrivi la tua Bau-lettera”. Ci saranno firmacopie in libreria, selfìe. dai la zampa. Grandi e piccoli impazziranno. E voglio vedere se qualcuno, ah ah, dice che scrive come un cane.
– Beh, insomma, le interessa…
– Mi interessa? Sono entusiasta, lei non uscirà di qui se prima Bau non sarà diventato un nostro autore. Signorina – disse al citofono – venga subito con tre copie di contratto da firmare… Parliamo dell’anticipo?
– Beh, non me ne intendo. Poi io non ho nessun merito…
– Facciamo centomila euro per lei e mille scatole di croccantini per Bau… e poi le royalties sui gadgets ovviamente. Il pupazzo di Bau, il portachiavi a zampa di Bau, la Baumobile… saremo ricchi! Allora qual è il titolo del romanzo?
– Il romanzo? Non c’è nessun romanzo.
– Ma lei ha un pacco di fogli sotto braccio, se non è un romanzo cosa è?
– Poesie. Bau scrive poesie.
– Solo poesie?
– Soltanto. È un’anima nobile.
L’editore tirò un gran pugno sul tavolo e si accese nervoso una sigaretta.
– Porca troia lo sapevo. Sembrava troppo facile che la fortuna arrivasse così di colpo.
– Ma… cosa c’è che non va?
– Signor Aupick Beh, insomma, la poesia non si vende. Non ha mercato. Faccia scrivere al suo cane un giallo, un libro d’amore, un bel libro noir di memorie dal canile, un horror. Ma la poesia, andiamo, chi la compra più?
– No guardi i dati Siae: Eliot, la Plath, Montale, vendono ogni anno molte copie…
– Ma per favore… io mi muovo solo da tirature di cinquantamila esemplari. Non investo soldi in anticipi o pubblicità per un libretto di poesie.
– Ma sono belle. Non vuole leggerle?
– No. Ci dispiace ma lei non rientra nei nostri programmi editoriali. Se ne vada, lei e il suo botolo. Se le stampi da solo le sue pulciose poesie.
L’ometto se ne uscì tutto mogio, col cane al guinzaglio. Entrò la segretaria.
– Direttore, vorrei dirle che il cane ha pisciato nel corridoio E c’è una signora che vuole vederla subito. È amica del politico D., capisce?
– La faccia entrare, speriamo non sia una altra fregatura. Poesie! Ma che delusione, e io che mi vedevo già ricco…
Entrò una signora fascinosa con un tailleur nero, e in braccio un chihuahua.
– Ah no – esclamò l’editore – non mi dica che anche voi…
– Anche noi cosa?
– Perché siete qui?
– Ho scritto un porno soft pink con nuances splatter e finale noir, il titolo è La Donna che amava i cetrioli assassini, e vorrei sottoporglielo.
– E il cane?
– Paco è il mio cane ma cosa c’entra?
– Niente niente – disse l’editore – mi parli del suo romanzo, mi interessa molto.
E si abbandonò sulla poltrona, rasserenato.
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Tivoli, 8 dicembre 2019. Pubblicato su Il Sestante l’11 novembre 2019
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