La pagella della crisi

 

 

L’immagine della crisi

La pagella della crisi pubblicata da Claudio Tito su Repubblica del 28 agosto u.s. conserva ancora una sua attualità, sebbene nei giorni successivi Zingaretti sembra aver recuperato (molto o poco è da discutere) mentre Di Maio è precipitato ulteriormente nella considerazione generale per i suoi tentativi di riaffermare un ruolo, quello di capo politico del M5S che nessuno gli riconosce più. Conte vince la mano e Salvini si conferma come il grande perdente. A meno di ulteriori  colpi di scena, sempre possibili, la pagella di Tito può essere considerata una base di discussione al fine di valutare il comportamento dei nostri leader politici durante la crisi e misurarne in qualche modo la caratura politica. Perché una democrazia si fonda sui contenuti ma anche sulle capacità della classe politica di attuarli.

GOVERNO GIALLO-ROSSO, DA CONTE A SALVINI VINCITORI E VINTI

Claudio Tito (La Repubblica, 29 agosto 2019)

Nella partita per l’esecutivo che verrà hanno vinto anche Mattarella, Renzi, Franceschini e Grillo. Hanno perso Di Maio, Casaleggio, Zingaretti e Berlusconi. 

I VINCITORI

Chi ha vinto nella partita che si è aperta con la crisi di governo? Si tratta di una compagine trasversale che taglia in due partiti e schieramenti. Il primo vincitore – se tutto andrà secondo le ultime previsioni – è di certo Giuseppe Conte (tempista). Solo poco più di un anno fa era un oscuro professore di diritto. Con la maggioranza gialloverde è rimasto schiacciato dal tandem Di Maio-Salvini. Ma con una dose di cinico opportunismo è riuscito a giocare le sue carte proprio quando l’esecutivo è caduto. Ha messo sul tavolo un po’ di rapporti internazionali e il ruolo di “meno peggio” della vecchia coalizione agli occhi del Quirinale.

Il secondo è Matteo Renzi (spregiudicato). In poche ore ha smentito tutto quello che aveva detto negli ultimi due anni. Ha però raggiunto l’obiettivo. È tornato al centro della scena, ha riconquistato Il ruolo di “cartiere” nel mazzo del centrosinistra e preso tempo per una scissione ancora non pronta. E con i gruppi parlamentari a lui fedeli, le chiavi del futuro esecutivo ce l’ha anche lui.

Il terzo Player è Dario Franceschini (pragmatico). Anche lui ha velocemente cambiato posizione ma da almeno un mese aveva messo in piedi il rapporto con i grillini. L’idea è stata quella di fermare la deriva salviniana condita, però, con la praticità del ritorno in un posto chiave ministeriale.

Romano Prodi (suggeritore in apprensione) ha combattuto la sua battaglia dietro le quinte, ma senza il suo appoggio i “governisti” del Pd non avrebbero avuto la meglio. Preoccupato dai “pieni poteri” del segretario leghista, considerava decisiva questa opzione.

Walter Veltroni (rinato) come Prodi sentiva sulla schiena i brividi del salvinismo. Come Prodi ha in mano il calendario istituzionale. Soprattutto quello quirinalizio.

Beppe Grillo (ondivago) nel suo perenne ondivagare aveva come obiettivo quello di limitare il potere di Di Maio. Ed è riuscito a arginare l’ex pupillo. Anche a dispetto della coerenza. Sempre più attratto dall’autodistruzione.
Sull’onda del grillismo anche Roberto Fico (minaccioso) sale sul carro dei vincitori. Può rivendicare il ritorno a sinistra e ha minacciato di non votare la fiducia ad un eventuale altro governo con la Lega.

L’Unione Europea (ossigenata) può vantare una affermazione. Bruxelles aveva nel mirino gli antieuropeisti, uno l’ha colpito.

Se Conte è stato il primo vincitore, la vera affermazione è di Sergio Mattarella (abile). Il presidente della Repubblica non ha mai digerito fino fondo la maggioranza populista con i leghisti. Gli eccessi salviniani più che disprezzati erano considerati una ferita. Il presidente della Repubblica, inoltre, non ha mai nascosto di non voler essere ricordato come l’inquilino del Quirinale che ha sciolto le Camere a meno di due anni dal loro insediamento. Sarebbe stato un record.

 GLI SCONFITTI

Il capitombolo più clamoroso è di Matteo Salvini (disastroso). Il capo leghista sembrava avere l’Italia nelle sue mani. Ma la politica è più cinica: basta un errore e come nel gioco dell’oca si torna ai blocchi di partenza. Ha sbagliato tutti i tempi. Se avesse aperto la crisi a gennaio, forse tutto sarebbe stato diverso. Ma soprattutto non ha capito che gli italiani tollerano tutto ma non l’eccesso di arroganza. Gli esempi del passato non sono stati di lezione. Torna alla prima stazione.

Perdente anche l’altro vicepremier uscente. Il grillino Luigi Di Maio (inconsistente) ha perso quasi tutto. Non è più il protetto di Grillo, non controlla più il suo Movimento che sembra aver designato come nuovo vertice proprio Giuseppe Conte. Si è piegato come un giunco per un anno ai voleri di Salvini e poi si è risvegliato dal torpore con la batosta delle europee.

A ruota ecco Alessandro Di Battista (inutile). Ha fatto fuoco e fiamme per tornare al voto e quindi in Parlamento. Ha scommesso tutto per prendere il posto di Di Maio. Dopo aver perso le europee a maggio, ha perso anche quest’ultimo braccio di ferro. Tornerà in Sudamerica?

Davide Casaleggio (non pervenuto). Spera di essere circondato dall’alone di mistero del padre. Il risultato non c’è. La politica è scelta e non affari. Ha difeso Di Maio senza una strategia e soprattutto senza incidere.

La schiera degli sconfitti attraversa anche il Pd. Nicola Zingaretti (sommesso) si è dovuto piegare a una linea non sua. Voleva le elezioni anche per cambiare i gruppi parlamentari troppo renziani. La slavina governista lo ha travolto. Ha il merito di aver limitato i danni e di aver tenuto il punto almeno sul vicepremier unico del Pd. Altrumenti sarebbe stata una disfatta totale. La rivincita sarà al congresso.

Con lui, tra i dem, ha perso anche Paolo Gentiloni (congelato). Senza truppe poteva contare solo sulla capacità di persuasione. Purtroppo in questa politica dell’interesse personale non basta. La sua destinazione è Bruxelles.

Silvio Berlusconi (superato) non ha più peso. All’opposizione di Salvini e in extremis suo alleato. Ma Forza Italia non esiste più. Il suo partito si spaccherà e una parte sosterrà in segreto il nuovo governo. La sconfitta del Cavaliere è la rivincita di Gianni Letta. Gli azzurri ormai sono in decomposizione.

Elisabetta Alberti Casellati (pretenziosa) sperava di utilizzare la crisi per lanciarsi nella corsa al Quirinale. È stata una falsa partenza.

 

Tivoli, 1 settembre 2019