Se per “barbarie” si intende il rovesciamento di un ordine istituzionale e la distruzione violenta dei rapporti che ne hanno regolato la vita civile, allora diversi segni di questo fenomeno possono essere individuati nel momento storico attuale. A mettere in discussione i principi della democrazia liberale e delle conquiste sociali acquisite nel corso dei suoi sviluppi socialdemocratici sono intervenuti diversi fattori che hanno determinato un contesto “sfavorevole”. La realizzazione di una “democrazia illiberale” in molti Paesi ex sovietici ma anche l’affermazione del neo-populismo di destra nel cuore dell’Occidente di tradizione democratica: dalla Brexit al trumpismo, dal successo grillo-leghista in Italia all’affermazione diffusa dei movimenti sovranisti e francamente nazionalisti. D’altronde il superamento della democrazia liberale di recente è stato posto con chiarezza dello stesso Putin, uno dei campioni del campo avverso. Ma non c’è solo questo. Nell’immaginario generale, i barbari sono invasori che compaiono all’improvviso per portare distruzione all’interno dello Stato e della società civile. Ma in questo caso i barbari sono i nostri vicini. Anzi siamo noi. E’ questo il tema dibattuto da Asor Rosa in un articolo pubblicato su Repubblica in data 13 agosto 2019 e che di seguito viene riportato (1). Condivisibile la conclusione. Al di là dei motivi che spiegano (ma non giustificano) l’imbarbarimento delle opinioni pubbliche occidentali, appare sempre più ineludibile una politica che sappia isolare la barbarie e rimuoverne le cause. Una politica che per essere praticata con successo ha assolutamente bisogno di onestà intellettuale, una qualità che scarseggia nella nostra classe dirigente.
I barbari visti da vicino
Alberto Asor Rosa
Non vengono più da fuori ma sono invasori cresciuti internamente e dunque più difficili da isolare.
E’ da molto tempo che non mi capitava di cogliere un’eco di cose da me dette e pensate nelle dichiarazioni di politici illustri (o presunti tali). Accade oggi, quando leggo che Beppe Grillo denuncia con forza il rischio in Italia di “nuovibarbari”. È la conclusione cui io giungo in una delle pagine finali del mio “Machiavelli e l’Italia” recentemente apparso. I veri “barbari”, in Italia, non vengono più da fuori, come lamentavano e temevano Machiavelli e Guicciardini e tanti altri nella fase conclusiva del nostro Rinascimento, ma ora, – scrivo io, – sono qui da noi dappertutto, un’invasione cresciuta internamente, che rischia di diventare catastrofe. Naturalmente non si tratta – suppongo – di una citazione, ma di una coincidenza. Però anche le coincidenze hanno un loro peso e significato. Perciò, legittima è secondo me la domanda: è vero che siamo minacciati da “nuovi barbari”, da una nuova ondata barbarica? La mia risposta è senz’altro positiva.
La “barbarie” è quel tipo di fenomeno storico che prevede, sia istituzionalmente sia spontaneamente, la distruzione di ogni aspetto dell’assetto precedente, nell’assoluta vaghezza dei tratti e delle caratteristiche di quello che dovrebbe sostituirlo. In questo senso Matteo Salvini è un autentico barbaro, anche fisionomicamente, direi (o almeno così ha deciso di apparire, e ci riesce benissimo), e non semplicemente un Ostrogoto o un Visigoto, che per lunga contiguità finirono per addomesticarsi e “aderire”, ma un Unno, un Vandalo, cui importa soltanto che il vecchio sistema precipiti.
Se le cose stanno così, – e io penso che stiano così, – è evidente che appare lecito e giusto esperire innanzi tutto tutte le misure atte a contrastare l’ondata barbarica. Anche Romolo Augustolo ce l’avrebbe fatta, se nei decenni precedenti qualcuno si fosse mosso seriamente, in provincia e a Roma, in questa direzione.
Quindi, l’isolamento bellico (faccio per dire naturalmente) del barbaro è la condizione preliminare di qualsiasi passaggio successivo.
E però… E però… Affidarsi in prospettiva a qualche (apparentemente) astuta manovra parlamentare e politica sarebbe anche questa volta un rimedio peggiore del male. Infatti: se il Barbaro oggi avanza, ciò accade perché l’Italia è stata sottoposta nel suo complesso, nel corso degli ultimi decenni, – come l’antica Roma, si potrebbe azzardare – a un autentico processo di “barbarizzazione”. È assolutamente ovvio quello che sto per dire, ma devo dirlo, per concludere. Il capo barbaro rischia di prevalere, soprattutto perché, come ho già scritto altrove, la “barbarie” oggi è dappertutto, costumi, persuasioni etiche, forme della politica, rapporti umani, persino, come è stato più volte notato, usi e abitudini della lingua, impropriamente ormai, definita nazionale, ecc. ecc. Se non s’interviene a cambiare tutto questo (cominciare a cambiare), il barbaro avrà comunque il sopravvento, come accadde nell’antica Roma. Per farlo, non basta l’ampiezza formale della risposta. Bisogna cambiare le cose, tutte le cose, con idee, programmi, comportamenti… e una visibile, da chiunque inattaccabile buona fede. Lo raccomandava già cinquecento anni fa, dalla sua altezza di pensiero, Niccolò Machiavelli, possibile che non abbiamo ancora imparato questa semplice lezione?
1. Alberto Asor Rosa. I barbari visti da vicino. La Repubblica, 13 agosto 2019.
Tivoli, 13 agosto 2019