Il mistero è fitto, come spesso accade con Leonardo. Secondo alcuni studiosi, il disegno a carboncino conservato nel museo Condé di Chantilly raffigurerebbe una Gioconda nuda e sarebbe riconducibile al maestro. In effetti l’opera, ribattezzata Monna Vanna e realizzata su un doppio foglio incollato di 72 per 54 cm, presenta una significativa somiglianza con il più famoso quadro del quale è stato a lungo considerata uno studio preparatorio (Figura 1). Da oltre un anno il disegno è stato trasferito presso il centro di ricerca e restauro dei musei francesi, ospitato all’interno del Louvre, per essere analizzato con le metodiche più avanzate: riflettografia, raggi infrarossi, luce rasente, radiografia, fluorescenza ai raggi X. Intanto le analisi al radiocarbonio datano l’opera tra il 1485 e il 1638, un arco di tempo che comprende il periodo di attività del maestro sebbene sia ancora troppo ampio per risultare decisivo ai fini dell’attribuzione.
Per lungo tempo si è ritenuto che il disegno sia un originale presumibilmente realizzato nella bottega di Leonardo. Secondo alcuni il tratteggio vicino la testa sarebbe però opera di un destrimane mentre è noto che Leonardo disegnasse con la sinistra. D’altronde sono decine le versioni di Gioconda nuda realizzate nel XVI secolo dai seguaci del maestro. Tra queste anche il dipinto attribuito a Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì, l’allievo prediletto di Leonardo (Figura 2).
Secondo indiscrezioni recenti provenienti proprio del centro di ricerca dei musei francesi, l’attribuzione a Leonardo scaturirebbe dall’individuazione di alcuni tratti propriamente mancini e dalla presenza di una sfocatura che ricorda quella ottenuta dal maestro con l’uso di mezzi (pennelli di setola, stracci e tessuti vari) atti ad ammorbidire e sfumare le linee. Insomma il mistero continua.
CDL, 12 Marzo 2019. Pubblicato su Il Sestante il 15 Marzo 2019
- In proposito si veda anche l’enigma dell’attribuzione del Salvator Mundi in: Il vero giallo di Leonardo, Il Sestante, 7 Marzo 2019.
- La “gioconda nuda” trasferita in gran segreto nei laboratori del Louvre: forse è di Leonardo. La Repubblica, 28 Settembre 2017