Alla fine rimarranno solo i campanili?

 

 

Nel sentire comune il campanilismo assume un’accezione sostanzialmente negativa. Questa la definizione della Treccani: “Attaccamento esagerato e gretto alle tradizioni e agli usi della propria città”. Ma forse questa descrizione non è esaustiva.

Figura 1. Campanile sommerso di Curon. Immagine tratta dal sito www.retin-a.club
Figura 1. Campanile sommerso di Curon. Immagine tratta dal sito www.retin-a.club
Figura 2. Campanile di San Gennaro Vesuviano senza il quadrante dell'orologio sulla facciata orientale. Immagine tratta da Wikipedia.
Figura 2. Campanile di San Gennaro Vesuviano senza il quadrante dell’orologio sulla facciata orientale. Tratta da Wikipedia.

 Il termine di “campanilismo”, nell’immaginario generale codificato in Wikipedia, si fa derivare dalla vicenda di accesa rivalità che per secoli ha diviso due comuni dell’entroterra napoletano, San Gennaro Vesuviano e Palma Campania, di cui divenne simbolo il campanile di una chiesa (1). In epoca moderna, il paese di Palma era sede storica di un potere baronale da cui emanava un sistema esteso di privilegi feudali compreso un regime fiscale molto esoso che gli abitanti del borgo di San Gennaro ritenevano iniquo. Ne scaturì un contenzioso di lungo termine che inizia già nel XVII secolo e termina solo con la nascita del nuovo comune nel 1841, quando il Regno di Napoli riconobbe l’autonomia amministrativa a San Gennaro Vesuviano. Ma la rivalità era stata tanto accesa che si mantenne anche quando era venuto meno il motivo del contendere. Al punto che il lato orientale del campanile della chiesa di San Gennaro, rivolto verso la rivale Palma, sino ad una ventina di anni fa non recava il quadrante dell’orologio per non dar modo ai palmesi di leggere l’ora (Figura 2).

 

Figura 3. Campanile di Curon Venosta. Immagine tratta da Wikipedia.
Figura 3. Campanile di Curon Venosta. Immagine tratta da Wikipedia.

 Le storie di campanile assumono sempre un significato fortemente simbolico anche quando non hanno a che vedere con il campanilismo comunemente inteso. E’ il caso del campanile sommerso di Curon Venosta. E’ nota la vicenda. Presso il passo di Resia, nella Val Venosta sudtirolese, vi erano in origine tre laghi: Resia, Curon e San Valentino alla Muta. Nel 1950, la  costruzione di una diga e la creazione di un bacino artificiale per lo sfruttamento dell’energia elettrica, unirono i primi due e determinarono l’allagamento completo dell’abitato originario di Curon Venosta che fu ricostruito più a monte (3). In precedenza la chiesa di Santa Caterina era stata abbattuta. Invece, per l’opposizione del Ministro delle belle arti, il campanile risalente alla metà del Trecento fu risparmiato ed ancora oggi emerge superbo dalle acque (Figura di copertina e Figura 3). Un primissimo piano per lo sfruttamento idroelettrico delle acque dei laghi risaliva addirittura al periodo dell’impero austro-ungarico. Poi, nel 1920, fu la Montecatini a presentare un nuovo progetto ma i lavori iniziarono solo nel 1939 per essere poco dopo sospesi, nel 1943, a causa della guerra. L’opera fu ripresa nel 1946, anche per l’intervento di finanziatori svizzeri, e completata nel 1949. Nel corso del tempo i progetti che si succedevano divenivano sempre più invasivi e dall’iniziale innalzamento di 5 metri del livello delle acque si passò a 22 metri ed infine all’allagamento di una depressione che comprendeva oltre 150 case ed oltre 500 ettari di terreno coltivato. Il piano di allagamento fu duramente contrastato dai residenti per i danni economici e sociali che recava cui si aggiungeva il sentimento di un sopruso patito dai tirolesi. Ma le proteste non ebbero seguito ed il progetto fu infine realizzato. Il campanile che si erge dalle acque ne divenne il simbolo al punto da essere persino effigiato nello stemma del Comune di Curon Venosta. Era il segno di quella fiera resistenza, la memoria visiva di un passato cancellato e la rappresentazione di una comunità sconfitta. Si narra che nelle notti di inverno più buie sia ancora possibile udire il suono delle campane. Ma è una leggenda. Perché le campane furono rimosse nel 1950.

Chissà che il caso di Curon non sia una metafora dell’intero Paese. Per tante ragioni, non solo ambientali, rischiamo di fare dell’Italia un territorio di campanili sommersi. A ricordarci quello che siamo stati ma anche quello che avremmo potuto essere e non siamo stati capaci di diventare. Eppure cambiare si può.

 

  1. Notizie storiche più approfondite si possono trovare sul sito del Comune di San Gennaro Vesuviano.
  2. Per ulteriori informazioni sulla vicenda si vedano i siti venosta.net e peacelink.it.

 

CDL, 9 Febbraio 2019

 

Pubblicato su Il Sestante il 24 Agosto 2018