Per ragioni di bieco utilitarismo, l’uomo ha sempre tentato di fare previsioni. Anche se raramente la metodologia si è rivelata all’altezza dell’ambizione. In principio era il presentimento che nelle forme più strutturate diventava presagio. Poi venne la divinazione e, ancora dopo, la profezia. Constatata l’elevatissima proporzione di fallimenti, l’uomo volle affinare il metodo introducendo gli strumenti della congettura. E addirittura costruì una scuola di pensiero secondo la quale l’apprendimento si misura proprio dalla capacità di fare previsioni. E’ indubbio che con il ragionamento i risultati migliorarono di molto ma la quota di insuccesso della previsione rimase comunque molto elevata ed ancora oggi lo è.
Per comprenderne la ragione è utile analizzare quella che in letteratura è nota come “sindrome dell’ambasciatore veneziano”, una condizione definita sulla base di una vicenda senza tempo e dal dubbio fondamento storico. Però molto esplicativa.
Si narra che l’ambasciatore veneziano a Costantinopoli monitorasse le dinamiche politiche interne dell’Impero ottomano allo scopo, ovviamente, di misurarne il grado di pericolosità nei confronti della Serenissima. Sapendo che il sultano era gravemente malato, che un nipote tramava alle sue spalle e che la carestia di una regione periferica stava provocando un malumore diffuso da cui poteva scaturire una sollevazione popolare, giudicò che in quel momento l’imperatore turco si trovasse in condizioni così sfavorevoli da non poter rappresentare una minaccia imminente. Il fatto è che il sultano era stato tenuto rigorosamente all’oscuro delle sue condizioni di salute, non sospettava minimamente del nipote che mostrava anzi grande deferenza nei suoi confronti e non era stato informato della carestia. Perciò mosse guerra alla Repubblica di Venezia.
Qualcuno ha pensato di definire una “Sindrome dell’ambasciatore veneziano” per descrivere una condizione nella quale una previsione pure ottimamente ponderata si rivela invece completamente errata. Perché quando si tenta di prevedere il comportamento di un altro, bisognerebbe essere certi che l’altro abbia gli stessi elementi di giudizio. Ed anche che li sviluppi secondo la stessa logica.
In certi ambiti la previsione è divenuta addirittura impossibile. Così, oggi, la scena politica è dominata da personaggi, Trump su tutti, che risultano “imprevedibili” perché si muovono secondo logiche magari comuni ma non informate a ragionamenti rigorosi. E così, per venire alle cose di casa nostra, si può facilmente passare nell’arco di un paio di giorni dalla richiesta di impeachment alle scuse nei confronti Mattarella senza che questo susciti un particolare clamore. A proposito della recente vicenda politica conclusasi con la formazione del governo grillo-leghista, Marco Follini, acuto osservatore politico, così si è espresso (1):
“L’ambasciatore veneziano avrebbe compulsato gli interessi e le tradizioni degli uni e degli altri e avrebbe diligentemente annotato che i grillini mai e poi mai avrebbero stipulato alleanze, tanto meno con gli alleati di Berlusconi, che Berlusconi a sua volta mai e poi mai avrebbe lasciato briglie tanto sciolte a Salvini (salvo cercare di riprenderle in mano troppo tardivamente), e infine che Salvini mai e poi mai si sarebbe fatto sfuggire l’opportunità di tornare a votare in condizioni così favorevoli. Congetture fallaci, quelle dell’ambasciatore.”
1. Marco Follini. Abbiamo tutti la Sindrome di Venezia. L’Espresso, n 22, anno LIV, 27 Maggio 2018.
CDL, 18 Gennaio 2019
Pubblicato su Il Sestante (senza la frase finale) il 15 Luglio 2018